martedì 14 giugno 2011

Computers bloccati alle Poste: potrebbe succedere di nuovo?









Dal 1 al 7 giugno 2011 i computers di centinaia di filiali delle Poste Italiane sono andati in tilt, facendo perdere ore e ore in coda a migliaia di persone (in particolare, anziani in attesa di riscuotere la pensione). E' stata una settimana di passione, soprattutto per le persone anziane più indigenti, che vivono con pensioni basse, e che se non riscuotono la pensione magari non riescono neanche a pagare l'affitto.




All'inizio le Poste hanno tentato di minimizzare il problema in maniera piuttosto goffa. Ad esempio hanno suggerito ai pensionati di farsi accreditare la pensione in una banca. Forse facendo finta di non sapere che per un anziano che prende 400-500 euro al mese anche l'apertura di un conto in banca può essere una spesa eccessiva. Dopo le proteste di tutte le associazioni dei consumatori, dopo un'interrogazione parlamentare del PD, e dopo che anche la Procura di Roma ha aperto un'inchiesta sui disservizi, le Poste hanno ceduto, e hanno promesso rimborsi ai clienti danneggiati (ma solo, a quanto sembra, in caso di code documentate e inevitabili). La prima settimana di giugno 2011 è stata terrificante non solo per quelli che erano in coda alle Poste, ma anche per i poveri impiegati che erano dietro gli sportelli. In questo forum ci sono alcune delle loro impressioni "a caldo"




La Posta e l'IBM. Un feeling destinato a finire?





Fin qui, in fondo niente di nuovo. Molti penseranno: "I postali sono i classici statali. La colpa del blocco dei computers delle poste è tutta loro". Ma non è esattamente così. Infatti il sistema informativo delle Poste è stato assegnato, con un appalto milionario, a un big dell'informatica mondiale: l'IBM. Solo l'anno scorso, le Poste hanno pagato all'IBM, per i servizi informatici, oltre 30 milioni di euro. E dopo il crash dei computers postali, Massimo Sarmi, l'AD delle Poste, annuncia di voler far causa all'IBM.
In effetti l'IBM ha vinto, nel 2005, la gara europea multimilionaria per il rifacimento dell'intero sistema informativo delle Poste. Secondo Dagospia (una fonte intrinsecamente affidabile, tant'è vero che pare Sarmi voglia fare causa pure a loro) fino al 2010 Poste hanno versato all'IBM 90 milioni di euro per servizi informatici. E ... ciliegina sulla torta ... quest'anno IBM si è aggiudicata un altro mega-appalto da 150 milioni di euro. Peccato che, dopo questo grande feeling, ora Sarmi voglia far causa all'IBM per il crash del mega computer delle Poste.




Il mainframe IBM delle Poste: un solo cervellone per fare tutto ?







Veniamo al dunque ... che cosa ha bloccato le filiali delle Poste per la prima settimana di giugno? Sembra proprio che sia stato il mega cervellone del datacenter di Roma delle Poste, un costosissimo mainframe IBM,  che da inizio giugno ha cominciato a fare le bizze, mettendo in crisi i terminali delle Poste di mezza Italia.
Qualcuno dirà: "Ma è possibile che nel 2011 un pensionato di uno sperduto paese della Sardegna non possa incassare sua la pensione se il computer centrale di Roma è rotto?". La risposta é: "Purtroppo ora è così". Nel vecchio sistema informativo delle Poste, ogni ufficio aveva un suo computer di riferimento (il cosiddetto "server"), e poteva svolgere parecchie operazioni in autonomia anche se il "cervellone" di Roma era guasto.  Nel nuovo sistema informativo delle Poste, per risparmiare sui costi si è deciso di eliminare i "server" che permettevano ai vari uffici di operare in autonomia. Ora tutti i PC delle Poste, anche quelli del più sperduto paesino della Val d'Aosta, non possono fare più nulla (pensioni, incassi, ecc.) se prima non comunicano con il computer centrale, il "cervellone" IBM di Roma. E se non c'è la linea, oppure se il "cervellone" fa le bizze ... non c'è niente da fare, si blocca tutto.
E' chiaro che la soluzione di centralizzare tutto il database delle Poste in un unico mainframe IBM è molto più economica rispetto a quella di avere un server per ogni sede delle Poste. Ma è una soluzione vecchia, in stile anni '70, che presenta parecchie fragilità. Nel precedente sistema informativo, ogni ufficio delle Poste, con il suo "server", era un'isola a sè stante, e per molti aspetti poteva operare in autonomia.





L'architettura del nuovo sistema informativo delle Poste.






Il nuovo sistema informativo delle Poste, realizzato dopo la mega-commessa vinta da IBM, ha un'architettura molto (troppo) semplice. Al centro c'è un potentissimo mainframe dell'IBM, il classico "cervellone"; sui terminali (personal computers) dei vari uffici delle Poste gira una "piattaforma" di programmi applicativi, l'SDP (Service Delivery Platform), realizzato dall'italiana GEPIN.
I 60 mila PC degli uffici delle Poste comunicano con il computer centrale di Roma via rete, con lo standard MPLS. MPLS è uno standard di rete molto usato, che permette di connettere tra di loro i computers di un'azienda usando una rete pubblica (ad esempio, la rete Telecom).
Infine, il database centralizzato delle Poste è realizzato con software IBM (il DB2) con una particolarità: i servers su cui "poggia" il database sono prodotti dalla HP. In parole molto povere, i dati del database DB2 delle Poste sono memorizzati su hard disks dell'HP e non dell'IBM.
Dopo il 1° giugno, quando i PC di molte filiali delle Poste hanno cominciato a bloccarsi, è iniziato subito il balletto per lo scarico delle responsabilità tra i fornitori del nuovo sistema informativo: l'IBM, la HP e la GEPIN.
All'inizio, quando i computers delle filiali hanno cominciato a bloccarsi, la colpa del crash è stata attribuita a una nuova versione del software SDP, appena realizzata della GEPIN. In effetti forse SDP qualche problemino la aveva:  basta dare un'occhiata ai messaggi scritti su questo forum già nel 2010 dai poveri impiegati postali alle prese con il nuovo programma. In retrospettiva, leggendo i pensieri dei poveri impiegati postali, il blocco del sistema delle Poste sembrava un disastro annunciato già nel 2010. Ma la "goccia che ha fatto traboccare il vaso"  è stata la nuova versione del software SDP, rilasciata il 1° giugno 2011. Forse questa nuova versione di SDP non era stata collaudata a sufficienza prima di essere spedita via rete sui PC dei poveri impiegati delle Poste. Ma questo succede quasi sempre (anzi sempre) nel settore del software, quindi non c'è niente di strano.


A inizio giugno 2011, dopo i problemi con SDP è cominciato uno strano "effetto domino". La storia è stata raccontata in un interessante articolo di Daniele  Lepido sul Sole 24 Ore; altri interessanti dettagli tecnici sono stati raccontati da Alessandro Longo in un suo post sul Corriere Comunicazioni. A quanto sembra, dopo i problemi con SDP ci sono stati problemi al software di rete del  computer centrale IBM, il VTAM, che è rimasto fermo per circa un'ora, interrompendo le connessioni con i circa 60 mila PC delle Poste. Un blocco della rete per circa un'ora non è poi così grave, può succedere. Ma, dopo il riavvio della rete, si è verificato un sovraccarico sul database DB2 dell'IBM, e sui server HP che memorizzano i dati. Secondo alcune voci di corridoio, il software  DB2 dell'IBM e i server dell'HP, pur essendo in teoria compatibili, in realtà non andavano molto d'accordo. Dopotutto, IBM e HP sono ditte concorrenti. In ogni caso, sembra che i server dell'HP siano sottodimensionati rispetto al carico di lavoro: forse le Poste abbiano risparmiato anche su questo.


Vabbè, diciamolo: in pratica si è bloccato quasi tutto, per circa una settimana. Costringendo i poveri pensionati ad ore ed ore di fila agli sportelli delle Poste. Per essere precisi, il bilancio attuale sembra essere il seguente: il software SDP della GEPIN ha avuto (e forse ha ancora) dei difetti; il software di rete del mainframe IBM (il VTAM) ha avuto dei rallentamenti (per risolverli, l'IBM ha fatto anche la classica "mossa ad effetto", facendo arrivare in aereo alcuni super-esperti dagli USA); il database DB2 dell'IBM non sembra andare molto d'accordo con i server dell'HP; i server dell'HP sono sottodimensionati per il carico di lavoro.






I computers delle Poste potrebbero andare ancora in tilt?






Sì, i computers delle Poste potrebbero andare ancora in tilt. Il fatto che tutti i PC dei più sperduti  uffici postali di tutta Italia debbano comunicare con il "cervellone" IBM di Roma per tutte le operazioni da effettuare agli sportelli potrebbe esporre il sistema informativo delle Poste a nuovi blocchi in caso di problemi al datacenter di Roma.


Con il nuovo sistema informativo le Poste hanno voluto risparmiare, eliminando i server intermedi che avrebbero dato più stabilità e più flessibilità al sistema. E' stata una scelta praticamente obbligata: un sistema informativo con server intermedi é molto più  complesso, più costoso da realizzare a da gestire, rispetto a un sistema con un solo computer mainframe al centro. In questi tempi di "vacche magre", nessuno si sarebbe preso la responsabilità di approvare altre scelte, molto più costose e anche più difficili da realizzare rispetto alla soluzione del mainframe IBM centralizzato. Il risvolto della medaglia è che il mainframe IBM, che ha un'architettura ormai "datata", potrebbe di nuovo stentare a sopportare il carico di lavoro dei 60 mila terminali delle Poste, e "fare i capricci", bloccando gli uffici postali di mezza Italia.

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