mercoledì 19 settembre 2012

Picchiatori. Estate 2007. Il Boldrini in versione “Capocotta party”

Dopo l’aggressione subita nell'aprile 2007, a piazza Zama, da parte di uno sconosciuto che successivamente sarebbe stato identificato come Mario Boldrini, ho sporto denuncia contro ignoti. L’aggressore era fuggito subito dopo avermi picchiato selvaggiamente, forse anche per evitare il linciaggio da parte delle persone intervenute in mia difesa. L’unico elemento di cui disponevo per individuarlo era la targa della sua Mercedes, che gentilmente qualcuno aveva trascritto su un “post-it”. Una signora me lo aveva consegnato, prima che l’ambulanza mi portasse al San Giovanni.

Vorrei ringraziare la ragazza che mi ha portato un bicchiere d’acqua, e mi ha fatto coraggio prima dell’arrivo dell’ambulanza. Per non parlare delle due persone (due veri eroi, tenendo conto della pericolosità del Boldrini) che lo hanno bloccato durante l’aggressione, impedendo che mi ferisse ulteriormente.

Questa qui sotto è una foto del post-it, con la targa dell’auto dell'aggressore, che mi è stato consegnato prima di salire sull’ambulanza. Le macchie di sangue sul post-it sono mie. Infatti, dopo che il Boldrini mi ha colpito sull’orecchio con un "tirapugni", mi sono trovato con il lobo dell’orecchio semidistaccato, e schizzi di sangue dappertutto: sui miei vestiti, sulle mie mani, sul marciapiede.

Al momento della denuncia, l’unico elemento certo per identificare l’aggressore era la targa dell’auto, che avrebbe potuto essere rubata. Tenendo conto della particolare violenza dell’aggressione, diversi parenti e conoscenti mi avevano sconsigliato dal fare una denuncia. Temevano che l’aggressore fosse un pregiudicato, o comunque un esaltato, e che potesse vendicarsi dopo una denuncia. Io non ho avuto dubbi nel denunciare l’aggressione; ma temevo che non ci fossero abbastanza elementi per identificare l’aggressore.

Dalla targa della Mercedes dell’aggressore risalii, con una visura ACI, al proprietario dell’auto, che era appunto Mario Boldrini. Dalla visura ACI, il Boldrini risultava residente a circa 500 metri da casa mia, sempre nel quartiere San Giovanni, in zona Porta Metronia. Allegai questi elementi alla denuncia per l’aggressione.

A inizio giugno 2007, poco dopo la denuncia, cominciai a trovare la Mercedes del Boldrini parcheggiata, come per caso, in punti che frequentavo abitualmente. Questo tipo di inquietanti “coincidenze” sembravano avere un valore decisamente intimidatorio.

5 Giugno 2007: la prima “riapparizione” della Mercedes del Boldrini

La prima volta che vidi la Mercedes del Boldrini, parcheggiata in piazza Epiro, a circa 50 metri da casa mia, ebbi difficoltà a riconoscerla come l’auto dell’aggressore di piazza Zama; ma verificai che la targa corrispondeva. Tornai allora nel punto dove l’auto era parcheggiata con una macchina fotografica, e scattai diverse foto. Eccone una.

Come capii mesi dopo, il Boldrini lasciava spesso l’auto parcheggiata in quella zona perché si allenava in una vicina palestra di boxe e kickboxing: la “Fortitudo”, di via Lusitania.

Ecco una foto, che scattai nel settembre 2007, del Boldrini davanti alla palestra “Fortitudo”. In questa foto, il Boldrini non sembrava particolarmente preoccupato di essere indagato per l’aggressione di piazza Zama.

 

Dopo la prima “apparizione” della Mercedes del Boldrini, ebbi modo di vederla parcheggiata diverse volte nella zona di piazza Epiro. In un caso, l’auto era parcheggiata sulle strisce pedonali, e sembrava “presidiata” da un ragazzino vestito da palestra, in maglietta e pantaloncini; forse, era lì per avvertire il proprietario, nel caso che i Vigili Urbani avessero tentato di multare l’auto.

 

12 giugno 2007, tra le 9:40 e le 10

La mattina del 12 giugno, mentre verso le 9:30 uscivo di casa per recarmi al lavoro, ho notato ancora una volta quella che sembrava essere la Mercedes dell’aggressore di piazza Zama. Era parcheggiata su via Licia, a circa 20 metri dal portone di casa mia.

Ho raggiunto la mia auto, parcheggiata in zona, e ho verificato sulla mia agendina che il numero di targa corrispondeva a quella dell’aggressore; temendo che la presenza dell’auto nei pressi del portone di casa mia non fosse casuale, sono tornato con la mia auto verso il punto dov’era parcheggiata la Mercedes. Ovviamente, avevo chiuso i finestrini e bloccato le portiere dall’interno.

Quando sono arrivato, il guidatore stava spostando la Mercedes in un altro punto di via Licia, in seconda fila. Mi sono accostato (in terza fila) ed ho cercato di fotografarlo mentre scendeva dall’auto, ma non ci sono riuscito. Sono rimasto per qualche minuto in attesa, nella mia auto, sperando che il guidatore risalisse nella Mercedes. Intanto, ho cercato di contattare col cellulare il mio avvocato (Giorgio Fini) per chiedere ragguagli sul da farsi; ma non ci sono riuscito, perché nel frattempo il guidatore della Mercedes, che evidentemente non voleva essere fotografato, aveva chiamato un suo amico per spostare l’auto. Ho scattato alcune foto all’amico del guidatore. Purtroppo, le foto non sono riuscite per via dei riflessi sul vetro chiuso dell’auto; quindi il viso della persona alla guida dell’auto non risulta visibile. Dall’insegna del negozio di via Licia che si vede dietro l’auto, sarebbe possibile individuare con precisione la posizione dell’auto in quel momento. Il guidatore era alto circa m. 1,90, con un fisico massiccio, da giocatore di rugby, e aveva i capelli biondi. Sicuramente, questo secondo guidatore non era l’aggressore di piazza Zama.

 


Con ogni probabilità, neanche il primo guidatore della Mercedes, che aveva fatto di tutto per non farsi fotografare, era il Boldrini: sembrava una persona più giovane, e con un fisico più minuto, rispetto al Boldrini. Sul momento, il fatto che questa persona fosse alla guida dell’auto del Boldrini, e avesse fatto di tutto per non essere fotografata, mi aveva fatto ritenere che fosse proprio l’aggressore di piazza Zama; oppure, un complice dell’aggressore, inviato sotto casa mia a scopo intimidatorio.

Poi mi resi conto di aver già visto prima questa persona, nei pressi della Mercedes del Boldrini, quando l’auto era parcheggiata in piazza Epiro.

Quando il secondo guidatore della Mercedes ha cominciato ad uscire dal parcheggio, ho cercato di seguirlo, ma non ci sono riuscito.

 

Fine luglio 2007, data precisare

Dopo l’episodio del 12 giugno 2007 non ho più rivisto l’auto dell’aggressore fino a un giorno di fine luglio 2007; non ricordo con precisione che giorno fosse. Nella tarda mattinata di quel giorno, entrando nella mia auto per recarmi al lavoro, ho notato che il vetro dello specchietto retrovisore del lato guidatore era stato sfondato. L’auto era parcheggiata in un punto dove lo specchietto non poteva essere urtato da un’auto o un motorino; inoltre il supporto in plastica dello specchietto era spostato, ma non danneggiato; si trattava insomma di un danneggiamento intenzionale.

Nel pomeriggio, all’uscita dal lavoro, ho acquistato e montato il nuovo vetro dello specchietto retrovisore. Poi mi sono recato verso casa e, mentre cercavo parcheggio nella zona di piazza Epiro, ho visto la Mercedes dell’aggressore di piazza Zama (ormai conoscevo a memoria la targa) uscire dal parcheggio e immettersi nel traffico in piazza Epiro, proprio davanti alla mia auto; la Mercedes procedeva molto lentamente. Temendo una nuova aggressione, ho bloccato le portiere e tirato su i finestrini; quindi ho cominciato a lampeggiare con i fari e a suonare il clacson con insistenza, per attirare l’attenzione dei passanti. In quel caldissimo pomeriggio di fine luglio, piazza Epiro era praticamente deserta, come succede tutte le estati. La Mercedes ha rallentato ulteriormente, andando praticamente a passo d’uomo, in un punto della piazza dove c’era una sola corsia di marcia, ed era impossibile superare.

 


 

Sembrava che si stesse ripetendo il meccanismo dell’aggressione di piazza Zama. Il Boldrini era riuscito ad aggredirmi e a “farla franca” a piazza Zama, alle dieci del mattino, a un centinaio di metri dai Vigili Urbani, in mezzo a decine di passanti e automobilisti. Invece, piazza Epiro era praticamente deserta in quel caldissimo pomeriggio di fine luglio. Se il Boldrini mi avesse aggredito di nuovo, difficilmente sarei riuscito a salvarmi. Inoltre, a fianco dell’auto del Boldrini, sul marciapiede, procedeva una persona che ho poi rivisto davanti alla palestra “Fortitudo” di via Lusitania. Aveva un fisico massiccio, capelli rasati quasi a zero, un “pizzetto” nero. Apparentemente, un complice del Boldrini.

Per fortuna, la Mercedes non è riuscita a bloccarmi in quel tratto di piazza Epiro, dove la carreggiata si riduce a una sola corsia. Superata la strettoia, l’auto ha accelerato e si è diretta verso via Licia, a due passi da casa mia, immettendosi in un garage. Io ho proseguito su via Licia e ho fatto il giro dell’isolato, ritenendo molto poco opportuno uscire dalla mia auto in quella situazione. Quando sono ripassato su via Licia, il guidatore della Mercedes era davanti al garage, assieme alla persona che ho descritto prima, che lo aveva seguito a piedi lungo tutto il percorso. I due mi guardavano minacciosamente; presumibilmente mi stavano minacciando anche verbalmente, ma io non potevo sentire a causa dei finestrini accuratamente chiusi. Ho continuato a girare con l’auto nei pressi di casa mia per circa mezz’ora, aspettando che i due si allontanassero. A quel punto, ho parcheggiato molto vicino al portone di casa e sono salito nel mio appartamento.

Un particolare interessante: nessuno dei due “personaggi” che erano fermi davanti a quel garage di via Licia, e mi guardavano minacciosamente, mi sembrava l’aggressore di piazza Zama. Inizialmente notato una somiglianza tra il guidatore della Mercedes e l’aggressore di piazza Zama, e credevo che fossero la stessa persona. Ma, quando il guidatore della Mercedes è uscito dal garage di via Licia, dopo aver parcheggiato l’auto, mi è sembrato una persona completamente diversa dall’aggressore di piazza Zama. Era vestito in modo molto vistoso, abbronzato, con capelli di un colore biondo quasi fluorescente. L’aggressore di piazza Zama era invece vestito completamente di nero, e aveva capelli neri, con qualche spruzzatura biancastra sulle tempie. Anche la pettinatura era completamente diversa. La persona dai capelli vistosamente tinti che era davanti a quel garage in via Licia sembrava più un gay in stile "Capocotta party" che un “picchiatore” fascista. Con tutto il rispetto per i gay e “trans”: ho anche votato per Wladimir Luxuria, quando si é presentata in Parlamento.

Ho capito solo a fine settembre 2007, quando presso la Polizia sono stato chiamato a fare l’individuazione fotografica per l’aggressione, che il misterioso "biondone" davanti a quel garage di via Licia era proprio il Boldrini: si era tinto i capelli per rendere più difficile l’identificazione da parte della Polizia. Nella foto segnaletica, oltre ai capelli tinti, sfoggiava anche un vistoso “pizzetto” in tinta.

A settembre 2007, quando ho fatto l’identificazione fotografica dell'aggressore, ho fatto notare che l’aggressore di piazza Zama aveva i capelli scuri, mentre i capelli del Boldrini erano stati descritti, sulla sua scheda segnaletica, come “biondastri”. Uno dei due poliziotti presenti, tutti e due molto corretti e gentili, mi ha detto qualcosa del tipo: “Si era tinto. A volte lo fanno, per non farsi riconoscere”. Anche i due poliziotti sembravano lievemente disgustati dallo stratagemma da “ladro di polli” adottato dal Boldrini.

Questi estremisti di destra … onore, patria, famiglia … ma, quando si tratta di “salvare il culo”, ed evitare la galera, sono dispostissimi a tingersi i capelli come tanti “frocioni” (con tutto il rispetto per i gay, ovviamente).

Le due foto segnaletiche qui sotto, relative a un pregiudicato americano, danno l’idea del tipo di stratagemma adottato dal Boldrini per non farsi identificare dopo l’aggressione.


 

14 settembre 2007, via Lusitania

Nella tarda mattinata del 14 settembre 2007, mentre mi stavo recando al lavoro, ho notato la Mercedes del Boldrini parcheggiata davanti alla palestra di boxe e kickboxing “Fortitudo” di via Lusitania. Davanti alla palestra c’era una persona che, questa volta, sembrava proprio l’aggressore di piazza Zama. Ho bloccato portiere e finestrini della mia auto ed ho parcheggiato lì vicino. Ho poi scattato a questa persona diverse foto, ovviamente senza uscire dalla mia auto. Poi mi sono allontanato. Questa persona è poi risultata essere proprio Mario Boldrini, la persona che mi ha aggredito in piazza Zama. In quest’ultima occasione, il Boldrini era tornato allo stesso aspetto di quando aveva commesso l’aggressione a piazza Zama: dai capelli tinti di un biondo quasi fluorescente, stile “Capocotta”, era tornato agli abituali capelli neri, con qualche spruzzatura di bianco.

Dalle foto che gli ho fatto quel giorno, il Boldrini non sembrava particolarmente preoccupato di essere indagato per l’aggressione di piazza Zama.


 

© Nicola La Monaca, 2010. All Rights Reserved

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