Appunti da: Repubblica
Una ricerca svizzera traccia il quadro delle relazioni tra grandi gruppi: meno di 150 multinazionali dettano le regole del mercato e strozzano la concorrenza: "Controllo sproporzionato, si rischiano ripercussioni disastrose". Unicredit nella top 50 di LIVIA ERMINI
ideologici, ma si basa esclusivamente su dati statistici. Lo studio, infatti, intreccia modelli matematici con un database delle aziende mondiali (Orbis 2007) ricostruendo reti di relazioni e partecipazione che costituiscono nodi di potere sui mercati globali, senza essere frutto di accordi sottobanco.
I tre autori (Stefania Vitali, James B. Glattfelder e Stefano Battiston) infatti hanno precisato che tali collegamenti tra compagnie, in una prima fase di crescita economica, possono risultare vantaggiosi per la stabilità dell'intero sistema. In tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando, però, queste correlazioni potrebbero risultare molto pericolose perché, come in tutte le concentrazioni di potere, il collasso di una compagnia può avere ripercussioni disastrose sul resto dell'economia del pianeta.
"Quali sono le implicazioni per la stabilità mondiale?", si chiedono gli autori. "Si sa che le istituzioni costituiscono contratti finanziari, con diverse altre istituzioni. Questo permette loro di diversificare il rischio, ma, allo stesso tempo, li espone al contagio. In una situazione così interrelata, connotata da forti rapporti di proprietà, perciò il rischio di una contaminazione a catena è dietro l'angolo".
Per quanto riguarda l'Italia, oltre a Unicredito Italiano Spa tra i primi 50 gruppi di controllo, lo studio effettua uno screening della struttura del gruppo Benetton (GUARDA 2) che mostra le diramazioni del controllo della capogruppo alle subsidiaries, alle consociate a livello internazionale.
(02 gennaio 2012)
Appunti da: Repubblica
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