LA SENTENZA
Aggressione musicista a Monti, il gup: "Il branco voleva difendere il territorio"
Le motivazioni della condanna a 9 anni per due degli aggressori: è stata la condotta degli imputati "a determinare il pericolo di vita in cui attualmente, e quale condizione permanente, Bonanni si trova". Nessuna attenuante, per "l'efferatezza della loro condotta, per la futilità dei motivi, per la mancanza assoluta di pentimento"
Il musicista Alberto Bonanni, pestato a Rione Monti con calci, pugni e un colpo di casco in testa la sera del 26 giugno 2011 e da allora in stato vegetativo permanente, fu vittima di un gruppo di ragazzi "che volevano riaffermare con orribile violenza il controllo del territorio" e che erano animati "da una banale, stupida, malintesa logica di tutela dei suoi indigeni 'residenti' da incursioni di stranieri di altri quartieri" e da "una logica di branco".
Lo scrive il giudice Anna Maria Fattori motivando la condanna in abbreviato a 9 anni di reclusione per Carmine D'Alise e Christian Perozzi, accusati di concorso in tentato omicidio aggravato dai futili motivi. Il gup, che in quella occasione ha anche rinviato a giudizio altri quattro imputati (Emiliano Brugnoli, Brian Bottigliero, Massimiliano Di Perna e Mario Biscossi) che per gli stessi fatti saranno processati il 26 settembre prossimo, pur facendo cadere l'aggravante della crudeltà, attribuisce a D'Alise e Perozzi "la volontà di cagionare il massimo danno alla vittima fino alla morte".
Non c'è dubbio, si legge nel provvedimento, che "la condotta degli imputati ha privato Bonanni dell'Esistenza (scritto proprio in maiuscolo, ndr), intesa come ininterrotta
presenza di sè nel reale conservando la capacità, propria di ogni essere vivente, di modificarlo".
E' stata la condotta degli imputati a "determinare il pericolo di vita in cui attualmente, e quale condizione permanente, Bonanni si trova e detta condotta fu 'agita' con il dolo omicidiario significato dalle regioni attinte, dalla reiterazione dei colpi e dalla violenza con cui furono inferti, nonostante la vittima fosse già accasciata".
Per il gup, dunque, "non c'è spazio ad alcun dubbio né sulla univocità della condotta a cagionare l'evento né sulla volontà omicidiaria, quand'anche nella forma del dolo alternativo".
E anche se Bonanni, prima del pestaggio, era affetto da un tumore cerebrale a basso grado di malignità, l'agire degli aggressori ha certamente contribuito "al repentino peggioramento delle sue condizioni di salute".
A parere del giudice, non ci sono elementi per ritenere gli imputati "vittime di plagio" di Di Perna, il pittore noto nel quartiere come "attaccabrighe" che si scagliò per primo contro il gruppo di Bonanni, reo di avergli disturbato il riposo: di Di Perna, però, il gruppo condivideva "idee contrarie all'etica civile e alla pacifica convivenza, prive di ogni rispetto per l'altrui libertà di pensiero e di opinione".
E pur tenuto conto della giovane età di D'Alise e Perozzi e della loro incensuratezza, per il giudice Anna Maria Fattori non è possibile concedere le attenuanti generiche per "l'efferatezza della loro condotta, per la futilità dei motivi, per l'intensità del dolo significato dalla violenza dei colpi inferti, per aver negato ogni responsabilità pur nell'evidenza delle prove a carico, per aver reso false dichiarazioni volte a mistificare la realtà e per la mancanza assoluta di pentimento".
(28 giugno 2012)
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